Festa del cinema di Roma 2017, Intervista a Stefano Gallini-Durante
Due parole sul documentario “The war in between”: produttore e regista italiani.
“I, Tonya”: la vita e le relazioni difficili della pattinatrice famosa per il suo triplo axel
“Prendre le large” racconta di una donna europea in Marocco per lavoro e per vivere
“Who we are now”: il rimando altrui su chi siamo se basato solo sul passato ci ingabbia
“The movie of my life”: un cinema estetico per un Brasile vissuto con gli occhi di Tony
“C’est la vie”: quando l’organizzazione perfetta si traveste da flop e porta una gioia vera
“Mademoiselle Paradis”: vedere con gli occhi può essere più traumatico della cecità
“The only living boy in New York”: un padre e un figlio che hanno molto in comune
Intervista al Producer Stefano Gallini-Durante, un italiano nella città degli angeli.
La Festa del Cinema, in precedenza Festival internazionale del film, di Roma, ha 12 anni – Davvero molti gli artisti che anche quest’anno hanno calcato il tappeto rosso capitolino ed affollato lo spendido Auditorium, costruito tra il 1997 e il 2002 da Renzo Piano,
ospite anche lui di questa manifestazione pochi anni orsono, le cui sale cinematografiche, specialmente le più grandi, la sala Sinopoli e la sala Petrassi, hanno una struttura talmente funzionale, oltre che esteticamente apprezzabile, da permettere a qualsiasi spettatore seduto in qualsivoglia poltrona di godersi il film proiettato, riuscendo a vederlo e sentirlo senza difficoltà.
Due parole sul documentario “The war in between”: produttore e regista italiani. Il male dei veterani è noto ma non per questo accettabile o meno grave che se non si sapesse nulla al riguardo. Il male dei veterani a volte non è risolvibile. Il male che li attanaglia al loro rientro è indescrivibile. (..) Il dovere del cecchino si trasforma spesso in pentimento una volta che lo stesso è tornato alla vita d’origine, ma senza possibilità di perdono.
“I, Tonya”: la vita e le relazioni difficili della pattinatrice famosa per il suo triplo axel La madre, una donna decisa che nella migliore delle ipotesi definiremmo burbera ma che si rivelerà insensibile al limite della crudeltà, porta l’inconsapevole Tonya, di soli 3 anni, su una pista di ghiaccio dove l’insegnante, che crederà in lei e la seguirà fino alla fine, (..). Per Tonya arriva subito il successo, rapportato alla giovane età, ma anche la tristezza (..)
(..) Julianne Nicholson (..) qui invecchiata e decisamente imbruttita è assolutamente straordinaria nel ruolo della madre LaVona.
“Prendre le large” racconta di una donna europea in Marocco per lavoro e per vivere Sandrine Bonnaire ci porta con delicatezza, grazie a una regia intimista, nel mondo di ‘ieri’ dove i costumi locali danno poco spazio alle donne e soprattutto alle lavoratrici. Lo scontro di Edith con il sistema marocchino, in certe situazioni all’estremo dell’accettazione, e il tentativo, al tempo stesso, di farsi ben volere, non solo dall’ambiente in cui viene catapultata, la fabbrica tessile, ma in particolare dalle sue colleghe, caratterizzano questo pezzo di vita narrato in 103 minuti da Gaël Morel.
“Who we are now”: il rimando altrui su chi siamo se basato solo sul passato ci ingabbia – Il film è come un puzzle complesso: ogni istante può essere un pezzo importante da comporre con altri fino a formare un disegno chiaro e a arrivare a comprendere la storia e il senso di ciascun personaggio. Siamo ciò che agiamo non ciò che diciamo. (..) Una curiosità: l’avvocato è interpretato dalla giovane e brava nipote di Julia Roberts, Emma.
“The movie of my life”: un cinema estetico per un Brasile vissuto con gli occhi di Tony Un ragazzino torna nel suo paese natio dopo il diploma e dopo aver vissuto lontano dalla madre e dal padre, che sa essersene andato proprio in concomitanza con il suo rientro. I sogni e l’ingenuità fanno posto man mano alla realtà, mai connotata da pensieri negativi. Tony è aperto al nuovo, al bello, al desiderio e alla fiducia verso il prossimo, incluso un parente che si rivelerà il vero traditore per lui. Il film è ambientato in Brasile.
“C’est la vie”: quando l’organizzazione perfetta si traveste da flop e porta una gioia vera Una commedia a dir poco esilarante, un cast di attori da plauso e personaggi particolareggiati, una storia semplice che ricorda o assomiglia a un vissuto di molti, una regia raffinata e attenta, quella di Toledano e Nakache, ossia i registi di quel favoloso film che intitolava ‘Quasi amici’, e soprattutto, una sceneggiatura che porta alla ribalta l’impareggiabile comicità sottile e acuta dei nostri amici francesi.
“Mademoiselle Paradis”: vedere con gli occhi può essere più traumatico della cecità – Una storia vera quella il cui titolo riporta il nome della compositrice e musicista Maria Teresa Paradis, nata nel 1759 e divenuta cieca d’improvviso a un’età compresa fra 2 e 5 anni. Il suo talento musicale ahimé non compensava, secondo il sentito dei suoi genitori, quel difetto che non le avrebbe permesso una vita come le sue coetanee.
“The only living boy in New York”: un padre e un figlio che hanno molto in comune Un simpatico settantenne, con le fattezze dell’inarrestabile Jeff Bridges, vive in una casa arrangiata in un palazzo con molti appartamenti, uno dei quali è abitato dal giovane e prestante Thomas. Fra i due nasce una forte amicizia, il cui esordio si caratterizza per una sorta di seduta analitica sulle problematiche amorose del bel Tom.
Intervista al Producer Stefano Gallini-Durante, un italiano nella città degli angeli – È il 18 novembre 2017, ore 19 italiane. Faccio qualche squillo sul numero americano di Stefano Gallini-Durante che mi risponde con voce chiara e vicina. Felice di sentirlo come se ci trovassimo nella stessa città, magari a Roma dove ho ammirato “The war in between”, inizio la mia intervista.
Basile: Realizzazione e budget del docufilm: quanto è costato in termini di tempo e risorse investiti?
Gallini-Durante: La tempistica è stata di un anno e mezzo, inclusa la post-produzione. A volte si impiegano anche 5-6 anni: il documentario riguarda persone reali e storie vere, ha tempi imprevedibili. Dovevamo seguire in particolare un veterano nel suo percorso dall’arrivo all’Animal Rescue Centre di Lockwood (LARC), all’incontro con i lupi e così via. Non è un lavoro a tempo pieno. Il budget (..) entro i 400.000 dollari.
Conclusione – (..) Quando ogni anno torno al Parco della Musica di Via Coubertin e giro con il mio tesserino di ‘Professional’ sono felice, perché il divertimento e la cultura sono assicurati. Ed è “Festa”!