Il tema della settimana

L’anaffettività

Il tema della settimana 18/24 giugno 2018 è:
l’anaffettività: sembra un modo di dire e definire qualcuno anaffettivo suona forse un insulto, forse una caratteristica, forse qualcosa di molto moderno supportato dal creare (e talvolta mantenere) rapporti nuovi online (solo online), invece è una patologia vera e propria, ahimè affatto rara. Una patologia della quale spesso soffre, in maniera più o meno importante, chi è stato vittima in tenera età di eventi estremamente traumatici, quali le morti improvvise per ragioni svariate proprio di persone che, nel suo mondo affettivo, contavano tanto da essere fondamentali per il suo sviluppo psico-emotivo. E’ una problematica vasta e delicata che andrebbe riconosciuta e aiutata subito ai primi sintomi, ma se pensiamo che per secoli nemmeno la depressione era considerata alla stregua di una malattia.. L’anaffettivo andrebbe quanto meno identificato per aiutare sia lui che chi lo avvicina, perché può causare grandi sofferenze specie a chi non capendolo in tempo vi si affeziona. Quali sono le sue caratteristiche preminenti e più diffuse? Una dedizione smodata al lavoro ed irragionevole agli aspetti narcisistici dell’esistenza; una capacità molto ridotta di godere delle relazioni e della vita fino alla fuga, per l’angoscia dell’abbandono, da ogni occasione di relazioni sentimentali, a un ripiegamento emotivo e all’organizzazione di un distacco emotivo difensivo, perché la tendenza è quella di non credere alle altrui dichiarazioni di sentimento e affetto; probabili sentimenti di vuoto. In casi molto complessi, l’anaffettivo non è propenso ai contatti corporei come un abbraccio e li vive con imbarazzo o disagio. Un percorso psicoterapeutico e/o un incontro speciale può/possono determinare una svolta, un’apertura e una miglioria, ma è solo l’inizio di un cammino difficile doloroso e lungo che porterà a una salute psicoemotiva altrimenti compromessa. Purtroppo, in genere, l’anaffettivo non si vive come ‘malato’, né crede di doversi rivolgere a uno psicoterapeuta o altro professionista per curarsi, perché spesso non è consapevole della sua reale condizione. Né del danno dunque che può causare a chi prova sentimenti per lui. Quanto ci sia di incapacità a uscirne e quanto di fermezza scelta e in parte consapevole di restare nella propria armatura, che tiene questi individui profondamente feriti lontani da chiunque sul piano dei sentimenti, non si può dire. Ma in casi del genere vale il detto ‘aiutati che il ciel t’aiuta’: l’aiuto deve rispondere prima di tutto a una loro richiesta. Il film che vado a menzionare sul tema dell’anaffettività – seppure rivolta contro il dodicenne Alyosha figlio di una coppia di adulti anaffettivi, che vogliono ricominciare la loro vita con altri partner, ‘semplicemente’ sbarazzandosi di lui, il frutto innocente della loro unione che poi fuggirà – è LOVELESS, diretto dal russo Andrey Zvyagintsev. Il film, in concorso e premiato al festival di Cannes del 2017, ha una tesi: “senza amore non si può vivere”, lo dice un personaggio e ne è certo il regista, che accusa in modo glaciale la ferocia della società russa 2.0 facilmente estendibile all’Occidente disumanizzato da cui deriverebbero taluni atteggiamenti finto-borghesi.

Trailer (ita): http://www.youtube.com/watch?v=enHoh_hr5Us
Filmato di commento: http://www.youtube.com/watch?v=7CuEJkRVIX4&feature=youtu.be

 

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