Il tema della settimana

Il dramma degli ‘schiavi’ in famiglia

Il dramma degli ‘schiavi’ in famiglia: coloro che, nella vita e/o nella mente, subiscono senza riuscire a trovare la propria strada le imposizioni di genitori costrittivi. Sono schiavi di una mentalità, di un modus cogendi, di certe maniere comportamentali, di un giudizio costante e di un rischio, che vivono come altissimo e inaccettabile, di essere un giorno esclusi da quel cerchio protettivo e soffocante che è il loro nucleo famigliare. Questi schiavi, quando diventano dei quarantenni o ultra-quarantenni, vivono come bambini nel corpo adulto e forse vecchio – lì sta a madre natura, ma qualche capello bianco l’hanno – di un uomo di mezza età. Parlerò qui infatti di uomini in particolare, forse la specie più debole. A quel punto perché mettersi in gioco, dopo che per 4 decadi non l’hanno fatto, per tagliare l’orribile cordone ombelicale che li ha tenuti legati e talvolta quasi stritolati ma li ha anche falsamente protetti dall’incerto? perché lanciarsi nel vuoto? Perché crescere, farcela da soli e affrontare il mondo solo con la loro testa e il loro cuore? Spesso non ci pensano proprio, altre volte se ci pensano ne sono terrorizzati, altre ancora, se non comprendono che di terrore trattasi, si dicono convinti ‘io sono ok: gli altri sbagliano’. Insomma è più facile mettere in discussione un mondo intero piuttosto che il nostro ‘io’ e le idee catalogate per decenni come certe e indiscutibili. Idee venute non da noi ma da altrove, poi fatte diventare proprie per paura. Paura di pensare con la propria testa e diversamente da chi ci ha generato. Paura di perdere questi ultimi. Paura di sè. L’enorme dolore e la fatica di tempo indefinibilmente lungo cui si dovrebbe sottoporre un bloccato fisico-mental-emotivo di questo genere sarebbe un atto di puro eroismo a quasi metà della sua vita. E dal suo punto di vista non verrebbe abbastanza ‘remunerato’: preferisce stare sul suo trono rinforzato da anni di ‘sottomissione’ famigliare, protetto da un’alta ringhiera di ferro costruita nel tempo con le citate idee, ereditate dal genitore più impositivo, in genere per il maschio.. la madre. Madri e padri costrittivi cui non si è mai detto ‘no’: ecco il dilemma dei nuovi schiavi, ben più deboli di chi li ha allevati ma soprattutto poco innamorati di se stessi e per nulla inclini a combattere per il loro vero valore e per un’affermazione nel mondo che come tanti ragazzi avrebbero dovuto iniziare già in adolescenza. Quando ho visto al cinema IL FILO NASCOSTO (www.traders-mag.it/il-filo-nascosto-anderson-basile.html) di Paul Thomas Anderson con uno sempre più affascinante tecnicamente insuperabile Daniel Day Lewis, sono rimasta stregata dalla psiche umana perfettamente disegnata per i due protagonisti che, in apparenza ‘normali’, sono in realtà due anime perse che in una relazione del tutto malata si uniscono e ritrovano dando alla luce una famiglia. Vi è un bambino che urla in Reynolds (Lewis) – urla in lui e, in una scena  indimenticabile e potente del film, alla sorella – di volere tornare allo status quo ante, inteso come i giorni in cui la rigida e ammirata madre viveva e lui era ancora un bimbo, e all’ingannevole sensazione di una serenità persa con l’invecchiamento. Quel bambino piange perché non vuole affrontare il presente e le responsabilità che ne derivano. Quando la futura moglie comprende la vera e più profonda essenza di quell’uomo che aveva persino temuto sentendosi quasi in soggezione, il suo approccio con lui cambia radicalmente e in modo decisamente malato lo fa innamorare di sè invertendo i ruoli di potere iniziali. Nel film non viene indagata a fondo la relazione fra Reynolds e la madre, ma la visione che lui ne ha più volte di notte e il rapporto figlio-genitore con la sorella danno un chiaro indizio dell’involuzione e della personalità irrisolta del protagonista. E il collegamento è intuibile. Da vedere. Da brividi.

Trailer ITA: www.youtube.com/watch?v=rMO3US2bVv8
Una scena del film sul rapporto fra fratelli: www.youtube.com/watch?v=ZcGfj1rv3j4

locandina

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